martedì 31 marzo 2009

SENZA PAROLE...

Altra tragedia sul lavoro.
Vincenzo Romano, operaio della Cim (Carpenteria Industriale Metallica) di Chivasso, muore sepolto vivo in un cantiere di Corso Unione Sovietica a Torino mentre con altri operai stava lavorando alla rete fognaria.
E mentre Torino piange per questa ennesima morte bianca, il Governo vara delle modifiche al Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro che, rispetto al precedente, attenua il sistema sanzionatorio pur mantenendo la pena del carcere per le violazioni più gravi: infatti, l’arresto viene ora previsto esclusivamente per l’omessa valutazione dei pericoli nelle aziende che sono ad elevato rischio di incidente.
No comment.

mercoledì 25 marzo 2009

DAL LETAME NASCONO I FIORI?

Dalle stelle alle stalle.
Sabato scorso un gruppo di anarchici a volto coperto ha fatto irruzione al Cambio lanciando per protesta letame addosso agli avventori e al personale di sala. Un segno di protesta contro un emblema del lusso di Torino. Già, perché mentre la crisi mondiale imperversa e centinaia di persone vengono licenziate ogni giorno, qualcuno ostenta il proprio benessere andando fuori a cena nel più rinomato ristorante torinese.
Contemporaneamente, in Sardegna è stata appena disegnata la Finanziaria regionale che abolisce la tassa sul lusso. Ma come? Chi possiede ville e yacth stratosferici e potrebbe pagare più tasse viene esonerato da questo onere? Forse, è l'unica regione del nostro Paese a non risentire della crisi, ma resta un'ipotesi davvero poco credibile.
È evidente che qualcosa non va: la violenta, e permettetemi, vergognosa protesta degli anarchici da un lato e l'abolizione di una tassa in questo contesto economico dall'altra, hanno il triste sapore delle due facce della medesima medaglia. Non è lanciando letame o abolendo tasse che si risolve la crisi economico-finanziaria, ma trovando un equilibrio per risollevare la produzione, i consumi e impedire i licenziamenti.
Infine, vorrei dire a questi gentili signori che si fanno chiamare anarchici che dovrebbero avere con sé un minimo di bagaglio storico prima di irrompere in un locale e riempire di letame persone che lavorano. Sì, perché il personale di sala, i cuochi non si stavano certo godendo una bella serata, anzi lavoravano per portare a casa quei soldi necessari per vivere. Inoltre, non per rimarcare la latente ignoranza storica di costoro, ma lanciare letame è stato un segno profondamente e storicamente offensivo per tutti coloro che nelle campagne hanno vissuto tra miseria ed enormi difficoltà: nessuno avrebbe mai sprecato del prezioso letame.

venerdì 20 marzo 2009

RECUPERIAMO LO SPIRITO VERO DELLA RESISTENZA

Sabato mattina sarò a Luserna San Giovanni per il 65° Anniversario della Battaglia di Pontevecchio, battaglia combattuta valorosamente dai partigiani, mentre Domenica commemorerò i Dieci Martiri del Maiolo ad Alpignao: inizia così un mese ricco di commemorazioni che culminerà il 25 Aprile, con la Festa della Liberazione.
Possiamo affrontare questo mese, che ci separa dal Giorno della Liberazione, in due modi differenti.
Presenziare ad ogni celebrazione mettendo coroncine di fianco ai monumenti che nel tempo sono stati eretti, facendo bei discorsi sul coraggio e i valori che hanno mosso i partigiani e di quanto noi dobbiamo esserne riconoscenti. Bei discorsi…ma le parole possono essere vane.
Forse, oltre a presenziare, bisognerebbe vivere questo mese in seno ad una riflessione approfondita soprattutto sulla base di quello che avviene oggi nel nostro Paese, confrontare la pubblica amministrazione prevista e voluta dalla Costituzione con quella attuale. Quanto di quello che accade oggi sarebbe un tradimento delle aspettative di libertà, uguaglianza e giustizia che hanno portato alla nostra Carta Costituzionale?
Personalmente, mi piacerebbe poter riprendere lo spirito vero con cui si era costruita la Resistenza, quello spirito che ha fatto sì, che per la prima volta dopo centinaia di anni, le persone prendessero in mano il loro destino costruendo – attraverso le idee e la lotta- l’idea di Nazione.
Formalmente, nessuno disconosce i valori della resistenza ma spesso viene tradito quello spirito che ha creato l’Italia in cui viviamo.
Aspettando il 25 aprile, non tradiamoci.
dal blog di Sergio Vallero

mercoledì 18 marzo 2009

ROMPERE IL PATTO DI STABILITA' SE NECESSARIO

Era il lontano 1999 quando, con il Trattato di Maastricht, i Paesi membri dell’Unione Europea decisero di stipulare l’accordo che prese il nome di Patto di Stabilità per controllare le rispettive politiche di bilancio, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione Economica Monetaria e rafforzare le politiche di vigilanza sui deficit e i debiti pubblici. Il resto è storia.
Ma la storia cambia e ora viviamo una grave crisi finanziaria di livello mondiale. Qualche giorno fa la Presidente di Confindustria, Emma Mercegaglia, durante il convegno biennale della Piccola Industria tenutosi a Palermo, ha chiesto allo Stato di mettere soldi reali nel sistema economico per superare questa crisi che ci attanaglia e che non permette alle imprese di sopravvivere.
Su questo aspetto la richiesta (non solo di Confindustria) è ragionevole e quindi, occorre rivedere questo meccanismo (e apprezziamo con favore che un primo passo in Parlamento è stato fatto con l’approvazione della mozione che va in questa direzione), che sta di fatto impedendo agli Enti che dispongono di risorse finanziarie proprie, di investire soldi esistenti e reali per interventi sul territorio che consentirebbero di rispondere adeguatamente a due aspetti. In primo luogo, permetterebbe di investire nella realizzazione di opere necessarie per il territorio. In secondo luogo, risulterebbe essere una vera iniezione di denaro atto a sostenere l’economia e onorare i pagamenti in tempi ragionevoli per il sistema delle imprese che oggi sopportano tempi davvero troppo lunghi con le possibili ripercussioni per i lavoratori occupati.
Per questo motivo credo vada condivisa la manifestazione indetta dall’Anci Piemonte, che ha visto mercoledì 18 marzo i sindaci della provincia di Torino incatenati davanti alla Prefettura. Con questo atto hanno voluto sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo sulla crisi e sulle ricadute, anche occupazionale, particolarmente pesanti sul nostro territorio, sollecitando al contempo una modifica di quei vincoli che impediscono alle amministrazioni di spendere le risorse già disponibili nei propri bilanci in quanto, l’eccessiva rigidità del patto di stabilità, rende inattuabile una seria politica di spesa ponendo gli enti dinanzi ad una durissima scelta: ridurre i servizi ai cittadini o tagliare gli investimenti.

dal blog di Sergio Vallero

martedì 3 marzo 2009

LA FUGA DELLE AZIENDE DALL'ITALIA

Notizia di stamattina: lo stabilimento dell’Indesit a None chiude definitivamente i battenti.
Ma in fondo non è novità: Benetton e Merloni hanno comunicato che chiuderanno i loro stabilimenti presenti nella nostra provincia, la prima per spostare la produzione in Tunisia e il secondo, avendo aperto uno stabilimento in Polonia non vede la necessità di tenere in vita anche quello italiano.
La crisi c’è, è un problema reale di portata mondiale ma che si usino questi momenti drammatici per fare operazioni finanziare, riallocare aziende e chiuderne altre, non perché mancano le possibilità nel mercato, ma allo scopo di produrre a bassissimo costo per incrementare i propri profitti, è assolutamente inaccettabile.
Sembra il naturale e ineluttabile percorso delle cose, ne prendiamo notizia con rammarico e profonda rassegnazione? No! La soluzione è un’altra, occorre infatti che la collettività, nelle sue varie articolazioni, incominci a pensare seriamente alla propria tutela, partendo dalla verifica puntuale di come, se, quando e in che modo questi illuminati imprenditori abbiano ricevuto aiuti e contributi statali. Se è vero che in un libero mercato ognuno è libero di fare con i propri soldi ciò che vuole, è anche vero che se la collettività è intervenuta a sostegno di alcuni imprenditori, questi dovrebbero rispondere delle loro azioni alla società.
Con questo voglio richiamare l’attenzione direttamente sulle associazioni imprenditoriali, in particolare Confindustria sempre pronta a puntare il dito sul mondo del lavoro quando, in nome del bene nazionale, chiede interventi di contenimento del salario mentre risulta essere completamente indifferente nel momento in cui le sue associate semplicemente abbandonano il territorio del nostro Paese.
Cinicamente parlando, se continuiamo così, le famose foto d’autore, colorate e attente ai temi sociali, utilizzate per la pubblicità della Benetton potrebbero trovare un ottimo sfondo qui in Italia: un Paese ormai devastato proprio da coloro che dovrebbero far girare l’economia risollevandolo;, ma la povertà oggi non deve essere cercata molto lontano.
Forse, dovremmo far cantare l’inno nazionale non tanto ai calciatori ma a questi imprenditori irresponsabili e senza scrupoli…chissà che non venga anche a loro un po’ di amore per la patria.
dal blog di Sergio Vallero