mercoledì 4 febbraio 2009

OPERAI ITALIANI CONTESTATI IN INGHILTERRA

Viva l’Europa delle libere frontiere, della libera circolazione delle merci e delle persone.
Gia, fino a quando le persone sono turisti, uomini o donne d’affari, businnes men (women) o calciatori.
Non certo se sono operai o tecnici.
La favola dell’Europa libera e unica si trasforma in un incubo (come per i lavoratori italiani che in questi giorni vengono contestati in Inghilterra).
Colpa degli abitanti della “perfida Albione”, abituati da secoli di storia coloniale ad occupare ed invadere e non ad essere “invasi”?
Colpa dell’immagine non sempre brillante che ci accompagna all’estero, tipo pizza – mafia – mandolino?
Se vogliamo inventarci delle risposte abbiamo da pescare in migliaia di luoghi comuni che, come paraventi, possiamo mettere tra noi e la realtà.
Una realtà che si è alimentata in questi decenni della retorica del liberismo più sfrenato, degli accordi mondiali sulla regolamentazione dei mercati e delle merci e che ha fatto macelleria sociale di chi (i lavoratori) queste merci produce.
Basta fare un piccolo sforzo di memoria per andare alle tante aziende (italiane e non) chiuse per essere decentrate nei paesi in cui, bassi salari e pochi diritti, garantivano (e garantiscono) alti profitti da investire, magari, nelle speculazioni finanziarie.
Adesso siamo al dunque e la questione dei nostri connazionali contestati in Inghilterra, rischia di essere la punta più visibile di un conflitto che, abilmente, è stato spostato da quello storico (almeno dalla industrializzazione di metà ottocento) tra capitale e lavoro a quello tra territori, che da sempre si tramuta, inesorabilmente, nella competizione tra poveri.
Una delle grandi conquiste culturali dell’epoca moderna è stata quella di considerare il lavoro come elemento fondante del diritto di cittadinanza, sostituendolo ai diritti feudali o al mero possesso di beni. Lavori, produci, sei partecipe (alla pari) nella costruzione del benessere collettivo.
Non merce, quindi, ma diritto fondante e costitutivo di una società moderna e democratica.
La rabbia, legittima, che proviamo nel vedere insultati i nostri connazionali, dovrebbe indurci a riflettere sul dove stiamo andando, sul perché è successo e, magari, iniziare a vaccinarci contro quella pessima malattia che ci fa gridare contro gli stranieri che ci porterebbero via il lavoro e non contro chi il lavoro lo toglie o lo sposta, pensando molto poco al bene nazionale e molto più al suo conto in banca.

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